
Anche quest’anno la nostra redazione ha seguito il convegno nazionale di AssoCounseling, tenutosi a Rimini il 5 e 6 aprile e intitolato “L’impatto sociale del counseling. Trasformare le relazioni e le comunità”.
Ne condividiamo i momenti più intensi e significativi per restituirvi il cuore di una manifestazione che ha saputo intrecciare professionalità, dedizione e visione. Protagoniste e protagonisti diversi per percorsi e linguaggi, ma uniti da un intento comune: dimostrare il potenziale trasformativo del counseling e come questo possa generare cambiamento reale, nei territori, nelle istituzioni, in una moltitudine di vite.
Dall’impegno politico all’azione educativa, dalla progettazione sociale alla dimensione comunitaria, questi interventi ci raccontano un counseling vivo, radicato nella realtà, in movimento. Un counseling che non solo accompagna, ma costruisce futuro.
Buona lettura!
Un convegno che guarda avanti: il counseling come leva di trasformazione sociale
Si è aperto con un clima caloroso e partecipato il quattordicesimo convegno nazionale di AssoCounseling, che quest’anno ha scelto la splendida cornice di Rimini per riflettere sull’impatto sociale del counseling. Ad aprire i lavori è stata Alessandra Benedetta Caporale, presidente dell’associazione, che ha accolto i presenti – in sala e online – con un discorso sentito, intrecciando le ricchezze della terra romagnola con la visione del counseling come leva trasformativa per le relazioni e i contesti sociali e presentando un convegno che non si limita al racconto di buone pratiche, ma che vuole guardare avanti, proponendo progettualità concrete per radicare sempre più la presenza del counselor nei tessuti sociali locali.
Presente anche l’assessore alle politiche per la salute e protezione sociale del Comune di Rimini, Kristian Gianfrida, che ha condiviso una significativa esperienza di collaborazione tra sanità e sociale in chiave territoriale: una sperimentazione che integra operatori sanitari e sociali nei quartieri cittadini, puntando su una cura partecipata che coinvolga direttamente le risorse della comunità. Ed è proprio qui che il counseling potrebbe rivelarsi un anello chiave: figura ponte, promotore di empowerment e auto-aiuto, connessione e prevenzione.
L’inizio promettente di un convegno che si propone non solo di riflettere, ma anche di incidere.
Il counseling nella strategia di welfare della Regione Emilia-Romagna
Con un intervento appassionato e denso di contenuti, Isabella Conti, assessora al Welfare della Regione Emilia Romagna, ha restituito una lettura nitida e articolata del nostro tempo: una società in rapido mutamento, attraversata da crisi relazionali, solitudine diffusa, malessere giovanile, conflittualità crescente e un preoccupante impoverimento del linguaggio emotivo.
Secondo Conti, in un’epoca tanto complessa, temi come l’equilibrio esistenziale, l’armonia relazionale e il benessere personale assumono un valore strategico anche in termini di tenuta sociale e sostenibilità della spesa pubblica. La risposta, sempre secondo l’assessora, non può che essere corale e integrata: tutte le professionalità devono essere messe in campo, e tra queste un ruolo cruciale è riconosciuto al counseling.
“Il counseling è uno strumento potente perché sta fuori dall’ambito prettamente sanitario, ma entra in gioco nell’ambito esistenziale. Questo significa che da un punto di vista istituzionale, investire in una relazione strutturata con il counseling consente di anticipare una serie di derive emotive, che potrebbero degenerare in problematiche sanitarie e di ridurre nel medio-lungo termine la spesa pubblica sulla sanità. Significa provare a rompere questa narrazione per cui la ricerca di un benessere emotivo deve essere sempre indissolubilmente interconnesso a un tema di salute mentale”.
Conti ha annunciato l’inserimento del counseling all’interno dei centri per le famiglie e delle case di comunità della Regione, riconoscendone il valore preventivo e trasformativo. Non solo un segnale politico importante, ma un vero atto di fiducia verso una professione capace di restituire parole e senso nei luoghi più fragili dell’esistenza.
L’intervento si è chiuso con un invito all’azione: “Mettiamoci al lavoro, sediamoci a un tavolo presto e cominciamo a dare gambe a questi progetti.” Un appello che sprona all’azione e alla responsabilità condivisa.
Contro la solitudine moderna, il potere della relazione duale
Con parole dense di esperienza e un tono che ha unito rigore intellettuale e calore umano, Vincenzo Graziani – counselor, psicoterapeuta, docente e studioso di filologia e fenomenologia – ha attraversato con leggerezza e profondità decenni di studi, esperienze e vissuti, per offrire una riflessione lucida e stimolante sulla natura relazionale del counseling e sul suo ruolo rigenerativo nella società contemporanea.
“Il counseling è un atto di fiducia nel processo”, ha detto, tracciando un ponte tra le radici della disciplina, già presenti in qualche modo nell’antico consolato romano, e la sua funzione sociale attuale. Ripercorrendo le origini del counseling, dalla filosofia fenomenologica di Edmund Husserl fino all’approccio centrato sulla persona di Carl Rogers, Graziani ha ricordato come la cura dell’altro sia sempre stata un compito nobile e profondamente umano.
Ed esprime dunque il suo appello a riscoprire il valore della relazione duale in un tempo segnato dall’iperconnessione e dalla solitudine. Con la tecnologia ci connettiamo, ma non ci incontriamo – osserva il relatore – sottolineando come la nostra società abbia perso il contatto con l’incontro autentico e indicando come il counselor oggi sia chiamato a presidiare uno spazio raro: quello del tempo lento, del corpo presente, dell’ascolto profondo. In questo senso, il counseling si configura come una risposta concreta al bisogno urgente di comunità autentiche.
Non solo un’esposizione teorica ma una testimonianza incarnata. Graziani ha intrecciato il suo percorso personale – fatto di famiglia, comunità e insegnamento – con la sua visione del counseling come via di generatività. Il counselor è colui che accoglie il momento in cui il dado è tratto, ma non giudica l’esito: accompagna nell’ombra, là dove l’altro fatica a vedere, affinché possa riscoprirsi alla luce della propria verità.
Nel suo intervento si coglie una speranza concreta: quella che, attraverso relazioni fondate sull’ascolto e la presenza, si possano costruire legami nuovi, comunità più umane. Una lezione che è anche un invito a riscoprire la relazione come spazio sacro e a coltivare comunità in cui l’umano possa fiorire, un messaggio potente per chi crede che il counseling non sia solo una professione ma un modo di essere, finanche una forma di civiltà.
Dal counseling alla politica: la forza gentile che cambia le regole del gioco
Assessora alle politiche per l’inclusione, servizi sociali e pari opportunità del Comune di Ragusa, oltre che counselor gestaltica e referente per AssoCounseling Sicilia, Elvira Adamo ha raccontato con umanità, umorismo e un’ironia disarmante come il suo essere counselor possa trasformare un’istituzione.
Dal suo arrivo in Comune, ha scelto una presenza quotidiana e relazionale, chiamando le persone per nome, riconoscendole nei loro bisogni. Gli utenti sono diventati “clienti”, portatori di richieste da ascoltare, non solo da gestire.
Con orgoglio e fatica, Elvira racconta come un comportamento “da counselor” possa cambiare la realtà, anche nelle piccole cose: cedere a un’anziana il posto in prima fila a un evento (“sono assessora anche se sto in piedi”), rispondere con calma a un dirigente furioso (“gli ho semplicemente detto: mi hai mancato di rispetto”), o sdrammatizzare una minaccia con un coltello (“è un serramanico? Non l’avevo mai visto, me lo mostra?”).
“Essere counselor mi aiuta a rimanere incensurata”, dice scherzando. Ma è chiaro l’impegno profuso nell’adempiere al suo mandato fuori da ogni consolidata abitudine: Elvira semina cultura del counseling tra gli assistenti sociali, creando reti con colleghi, spingendo verso un linguaggio inclusivo e non giudicante. “Non possiamo lamentarci delle cose senza fare nulla. Noi dobbiamo essere il cambiamento”.
La sua presenza in Comune, definita da molti “inaudita”, è una dimostrazione potente che il counseling, vissuto come stile di vita e non solo come professione, può avere un impatto rivoluzionario anche in un’istituzione pubblica.
Con umanità, determinazione e ironia, Elvira incarna il senso più profondo del convegno: cambiare relazioni e comunità… una relazione alla volta.
Restituire potere, generare contesti: la sfida del counseling nella filantropia trasformativa
Con un discorso profondo e coraggioso, Samuele Pigoni – counselor, progettista sociale e segretario generale della Fondazione Time2 – ha portato al convegno AssoCounseling un potente invito a ripensare i paradigmi che governano l’azione sociale, educativa e filantropica. Un intervento che ha intrecciato riflessione teorica, esperienza di campo e un’etica del possibile.
Nata da una scelta di restituzione sociale da parte della famiglia Lavazza, la Fondazione Time2 si occupa di disabilità in una prospettiva radicalmente nuova. Ma – avverte Pigoni – affrontare la disabilità non significa occuparsene “per carità”, secondo una logica assistenzialista. Occorre piuttosto ribaltare la lente: non più deficit da correggere, ma caratteristiche da accogliere; non più gravità da valutare, ma contesti da rendere capacitanti.
Ed è qui che il counseling trova il suo spazio naturale: una professione che restituisce potere, che ascolta le persone e non le etichette, che lavora sul processo e non sulla prestazione. “Il counseling – ha affermato – è una cornice interpretativa che sposta il focus dal problema alla possibilità, dalla diagnosi alla relazione, dalla ‘normalità’ all’incontro autentico”.
Pigoni ha raccontato come, all’interno della fondazione, il counseling sia stato prezioso per affiancare famiglie e giovani con disabilità nella costruzione di percorsi di vita non segreganti, sostenuti da reti formali e informali, capaci di resistere alla tendenza istituzionalizzante dei servizi. Ma ha anche sottolineato la necessità di ridefinire i luoghi del welfare, portando il counselor là dove oggi non c’è: biblioteche, centri culturali, spazi pubblici di comunità.
Il suo è un appello a un welfare personalizzato, comunitario, trasformativo. E a una filantropia che non sia solo “beneficenza”, ma esercizio di responsabilità politica e culturale. Un terreno fertile per il counseling, chiamato a espandersi per diventare leva di cambiamento nei territori e nelle istituzioni, com’è nella sua natura.
In un mondo che etichetta e separa, la visione di Pigoni ci ricorda che restituire potere è un atto rivoluzionario. Una testimonianza che non solo illumina la pratica del counseling, ma chiama l’intera società a ripensarsi e il counseling stesso a rimanere forza concreta di trasformazione sociale.
Accanto a Fondazione Giulia Cecchettin verso il cambiamento necessario
La giornata si è conclusa con un emozionante intervento di Gino Cecchettin, presidente della Fondazione Giulia Cecchettin, che, nonostante un imprevisto personale, ha voluto essere con noi in collegamento da remoto.
“La fondazione” – racconta Cecchettin – “vuole promuovere un cambiamento radicale. Formare insegnanti e generazioni del futuro per creare un piano educativo da portare nelle scuole, nelle aziende e in tutte le sedi in cui si può fare cultura. Un impegno concreto per eliminare la violenza e gli stereotipi, a partire da quelli di genere. Lavorare con l’educazione significa andare in profondità e attuare un cambiamento culturale. Mettere in discussione i modelli tossici”.
Due sono gli strumenti che la fondazione ha scelto di utilizzare: da una parte lavorare sulla trasformazione culturale, attraverso progetti da portare nelle scuole e nelle aziende, per prevenire la violenza e educare le persone a gestire consapevolmente le relazioni. Dall’altro, camminare al fianco delle donne vittime di violenza creando una filiera virtuosa di prevenzione, protezione e assistenza anche in sinergia con altre associazioni.
Le parole di Gino Cecchettin ci ricordano il contributo che possiamo dare, portando l’esperienza e lo sguardo del counseling nella prevenzione e gestione dei conflitti. È importante lavorare tutti insieme sul linguaggio e aiutare le persone a disinnescare gli stereotipi del machismo, ancora tanto diffusi, per liberare donne e uomini da modelli comunicativi e relazionali inefficaci e violenti. Il counseling può diventare uno strumento di educazione, di prossimità, di sensibilizzazione, ma anche di raccolta di dati ed esperienze che possano facilitare mappatura e misurazione di bisogni e esigenze delle comunità.
AssoCounseling e Fondazione Giulia Cecchettin iniziano oggi un percorso di collaborazione per arrivare a realizzare insieme un sogno, quello che al 31 dicembre di ogni anno non si debbano più contare femminicidi.