
Come può il counseling di gruppo migliorare le dinamiche relazionali in una équipe multidisciplinare del settore sanitario? In una comunità psichiatrica residenziale, psicologi, psicoterapeuti e psichiatri si sono messi in gioco in un percorso che ha unito teoria ed esperienza pratica. Il counseling ha offerto nuovi punti di vista e ha dato la possibilità di avere maggiore consapevolezza dei ruoli e delle dinamiche, rendendo la comunicazione più autentica.
Nel 2023, ha preso vita un progetto di counseling di gruppo che, insieme alla collega Marzia Ferrari, abbiamo condotto presso una comunità psichiatrica di Milano. Inserito nell’ambito del percorso formativo di specializzazione in counseling di gruppo “Groupability® nuovi saperi e nuove competenze per la gestione dei gruppi nell’era contemporanea” proposto da Collage Formazione in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il progetto si è rivolto a un’équipe multidisciplinare composta da psicologi, psicoterapeuti e psichiatri. La proposta ha coinvolto quindici figure sanitarie, quotidianamente immerse nella complessità della professione di cura. Il team ha preso parte a un percorso che si è rivelato un’opportunità per esplorare nuove modalità relazionali per affrontare meglio la propria professionalità all’interno del gruppo di lavoro. L’esperienza è stata utile anche per supportare il carico emotivo e organizzativo accumulato nel tempo dai professionisti, strascico degli effetti della pandemia da COVID-19 e della gestione delle emergenze che ognuno ha dovuto affrontare per tutelare al meglio i propri pazienti.
È stato interessante il confronto con professionisti che operano in un contesto sanitario come quello di una comunità psichiatrica residenziale, dove i pazienti, dopo le terapie specifiche in case di cura o cliniche psichiatriche, si preparano a un reinserimento nel mondo del lavoro e a una integrazione nel tessuto sociale. Questo setting ha reso il progetto stimolante e ha richiesto da parte nostra particolare attenzione e responsabilità, dato che le dinamiche relazionali tra i professionisti riflettevano, in parte, anche la complessità della gestione e della cura degli ospiti della struttura. Per me e Marzia, avere accesso alla residenza dove i pazienti trascorrevano le loro giornate, fra attività e cure, respirare l’atmosfera in cui l’équipe si alternava nei turni di lavoro, è stato un grande privilegio: ha significato entrare in uno spazio intimo e delicato al tempo stesso.
Un mercoledì mattina al mese, al numero 36 di una via signorile della città, salivamo le scale di una palazzina dei primi del ’900. Niente ascensore, vetrate sul piccolo giardino, corrimano in ferro battuto, su, fino all’ultimo piano, dove, in un ampio ufficio mansardato, l’équipe si riuniva generalmente per la riunione settimanale. Il gruppo era composto da tre psichiatri, un’infermiera e una decina tra psicoterapeuti e psicologi, alcuni dei quali in fase di tirocinio. Questo mix di professionalità e livelli di esperienza diversi ha reso il nostro lavoro particolarmente ricco e articolato.
La fase di progettazione è stata fondamentale. Il contatto con la direzione sanitaria della struttura e l’interazione continua con la responsabile interna del tirocinio, hanno permesso di comprendere le esigenze specifiche del gruppo e di delineare un percorso adeguato a rispondere ai bisogni che man mano emergevano. Durante lo svolgimento del tirocinio l’approccio adottato è rimasto fedele alla natura del counseling, ovvero flessibile e in costante ascolto. La progettazione aveva creato una struttura di riferimento, sia per noi sia per il committente, ma è stata la capacità di adattarsi alle dinamiche emergenti, mantenendo sempre chiari gli obiettivi condivisi, a rendere il percorso utile e trasformativo. L’ascolto profondo del gruppo ha guidato lo svolgersi degli incontri, consentendo di integrare attività e spazi di riflessione in risposta alle necessità che si manifestavano.
Gli otto incontri, ciascuno della durata di due ore, si sono sviluppati attraverso un’alternanza di concetti, esercitazioni pratiche e momenti di riflessione condivisa, affrontando tematiche interessanti per la crescita del gruppo: la valorizzazione dell’individualità, la gestione delle emozioni nella comunicazione per affrontare meglio possibili conflitti, la consapevolezza dei ruoli e dell’empowerment collettivo. La metodologia adottata ha privilegiato un approccio esperienziale, creando uno spazio sicuro di ascolto e di confronto autentico. Il percorso si è rivelato, fin dall’inizio, un’occasione di crescita e di esplorazione condivisa, nella quale ogni partecipante ha trovato spazio per esprimere osservazioni e condividere riflessioni che hanno contribuito a costruire un nuovo modo di “stare” nel gruppo di lavoro.
Le fasi del percorso
Ogni incontro si è articolato in tre momenti fondamentali: un’apertura dedicata al rilassamento e alla riflessione personale, una fase centrale di esperienza pratica e creativa, e una conclusione caratterizzata dalla condivisione e dal feedback.
Inizialmente è emersa qualche resistenza da parte di alcuni membri dell’équipe, in particolare dei professionisti con maggiore anzianità di servizio. Uno degli psichiatri, ad esempio, aveva dichiarato nel questionario iniziale di non nutrire elevate aspettative rispetto all’esperienza che stava per approcciare. Tuttavia, grazie al nostro lavoro, e alla loro disponibilità a mettersi in gioco, siamo riuscite a creare uno spazio accogliente e definito, e l’iniziale reticenza è stata progressivamente superata.
Tra le attività pratiche e creative proposte, una di grande impatto è stata quella dedicata a un esercizio simbolico che aveva lo scopo di esplorare le polarità tra pensiero e impulso, tra razionalità ed emozione. I partecipanti si sono suddivisi in due gruppi, Logos ed Eros, rappresentando graficamente le caratteristiche individuali emerse nei due poli, rispetto al contesto professionale. L’attività ha stimolato riflessioni profonde sul ruolo delle emozioni e del pensiero nel quotidiano, facilitando una comprensione più articolata delle dinamiche interne all’équipe, dando valore alle differenze.
Un’altra attività particolarmente significativa, che ha entusiasmato i partecipanti, è stata la Costellazione Gestaltica con l’uso dei pupazzetti Playmobil. Un esercizio che, inizialmente, ha suscitato nei partecipanti qualche perplessità e il timore che fosse una pratica troppo ludica o poco attinente alla serietà del contesto. In realtà, la possibilità di rappresentare concretamente se stessi, i ruoli, le relazioni e le dinamiche professionali, osservandole da una prospettiva esterna, è stata per molti un’esperienza rivelatrice. Vedere rappresentata la propria posizione all’interno del gruppo, osservare le distanze e le prossimità, le connessioni, ha permesso di acquisire nuove consapevolezze, stimolando riflessioni sulle responsabilità delle scelte, sul proprio ruolo e sulle dinamiche relazionali. Quello che poteva apparire “soltanto” un gioco, si è trasformato in uno strumento potente, capace di attivare importanti intuizioni e favorire vicinanza, cambiamenti e punti di vista diversi.
L’ultimo incontro, che ha segnato la chiusura del percorso, ha avuto come protagonista la creazione della “Carta dei Valori”. Il lavoro di gruppo è iniziato con un’attività che aveva come scopo quello di riconoscere ed esprimere le qualità, le caratteristiche valoriali dei colleghi, fino ad allora sconosciute, ma emerse grazie al percorso fatto insieme. A seguire, i partecipanti sono stati invitati a scrivere su post-it colorati i valori che ritenevano caratterizzanti il loro gruppo di lavoro. Questo momento ha permesso di far emergere una visione gruppale e condivisa dei principi e dei valori che guidavano l’équipe, rafforzando il senso di appartenenza e la coesione. Un vero lavoro di gruppo, dove la capacità di negoziare e di condividere sono state determinanti. Per tutti la serenità è stata evidenziata come una parola indispensabile; risultato dell’integrazione di tutti gli altri valori che erano stati scelti e condivisi. Con cartoncini e pennarelli colorati i partecipanti hanno scritto una vera e propria call to action: «Se vuoi far parte del nostro team, ricordati che per noi sono importanti questi valori! ». Un atto simbolico che ha sigillato la conclusione del percorso, lasciando una traccia concreta e ben visibile dell’esperienza vissuta.
Quel giorno, lo stesso psichiatra, che inizialmente aveva mostrato scetticismo, ha riconosciuto il valore dell’intervento di counseling, esprimendo apprezzamento per il metodo adottato e per la capacità di coinvolgimento dimostrata. Anche gli altri partecipanti, pur avendo già vissuto percorsi formativi, hanno sottolineato quanto questa esperienza sia stata utile e innovativa grazie all’alternanza tra teoria e pratica e per la concretezza degli strumenti proposti.
Le mie impressioni
L’esperienza ha evidenziato la capacità trasformativa del counseling di gruppo, che ha permesso ai partecipanti di esplorare in profondità le proprie modalità relazionali, di affrontare criticità latenti e di sperimentare nuovi stili comunicativi. Il percorso ha favorito la creazione di uno spazio sicuro in cui ogni partecipante ha potuto esprimere liberamente emozioni, riflessioni e difficoltà, confrontandosi con i colleghi in un clima di ascolto e rispetto reciproco.
Uno degli insegnamenti più significativi che ho acquisito durante questo tirocinio, e che oggi porto con me nelle esperienze professionali e specialmente nelle attività con i gruppi nelle aziende, è stato il riconoscimento dell’importanza dell’adattabilità. Progettare l’intervento ha significato costruire una struttura di riferimento, ma la vera forza del percorso è emersa dal nostro saper rimanere flessibili, pronte ad accogliere quanto il gruppo portava in superficie. Questo equilibrio tra obiettivo e apertura nell’ascolto ha reso il percorso uno strumento di trasformazione potente, capace di creare spazi di confronto autentico e di stimolare riflessioni che hanno arricchito il gruppo andando oltre le aspettative iniziali, loro e nostre.
Per concludere, qualche considerazione di ordine generale, per meglio comprendere l’esperienza in una cornice anche teorica.
Nel counseling la capacità di trasformare le possibili difficoltà in stimoli per la crescita ha un ruolo determinante. Credo che questa caratteristica possa essere descritta dalla parola transilienza, un termine di uso raro, che deriva dal latino “transilire”, ossia “saltare oltre”.
Questo concetto è spesso associato a chi riesce a sviluppare nuove competenze e attuare cambiamenti nel superare le difficoltà individuali, ricercando proprio in esse la possibilità di rinnovamento.
Inoltre, la teoria psicologica di Eric Berne (l’Analisi Transazionale, indirizzo nel quale mi sono diplomata al Centro Berne di Milano) descrive le posizioni esistenziali e il concetto di Okness, ovvero la presa di coscienza del proprio valore e di quello altrui. In un percorso di counseling, anche di gruppo, per supportare la trasformazione è importante dedicare spazio alla gestione delle emozioni e delle risorse individuali relazionali. Creare relazioni vincenti consente infatti di costruire rapporti significativi, che permettono di affrontare le situazioni difficili non in solitudine, ma in collaborazione con un team coeso.
Bibliografia
- Steward I. e Joines V. (1987), L’Analisi Transazionale, Garzanti, Milano
- Piccinino G., a cura di (2015), Le buone pratiche di counseling, FrancoAngeli, Milano