3/2025 Casi Strumenti Pratiche

Oltre l’antropocentrismo: l’ecopsicologia in azienda

di Ilaria Massocco

Oltre l’antropocentrismo: l’ecopsicologia in azienda

L’impresa come sistema vivente: un cambio di paradigma capace di integrare persone, natura e cultura organizzativa. Il counseling ecopsicologico offre spazi esperienziali per rigenerare persone e sistemi. Un approccio concreto, profondo, adattabile, che sostiene il cambiamento culturale e relazionale nelle organizzazioni.


L’azienda come ecosistema vivente
Ogni azienda è un ecosistema. Questa espressione non è una metafora, ma una realtà concreta e spesso ignorata. In natura, nulla esiste singolarmente: ogni essere è parte di un sistema in cui la sopravvivenza e il benessere del singolo dipendono dalla qualità delle relazioni e dall’ambiente circostante.
Come in un ecosistema naturale, anche nelle organizzazioni tutto è connesso: le persone, i team, i ruoli, i processi, le emozioni, i valori, le energie… non ci sono confini netti tra ciò che è individuale e ciò che è collettivo e in questo sistema interdipendente le dimensioni personali, relazionali e organizzative si muovono in un flusso continuo di influenze reciproche.
Ogni cambiamento a livello individuale si riflette nel team e nell’impresa, e ogni cambiamento organizzativo si riflette a livello individuale.

Antropocentrismo organizzativo: un paradigma in crisi
Riconoscere l’azienda come sistema vivente significa superare la visione riduzionista e meccanicistica in cui l’essere umano è una risorsa da gestire, per aprirsi a una comprensione più ampia e integrata della realtà, capace di andare oltre il paradigma antropocentrico con l’essere umano posto al centro e tutto il resto strumento per raggiungere fini produttivi. Un approccio che ha sostenuto la crescita economica per decenni e che oggi mostra tutte le sue fragilità.
Organizzazioni orientate esclusivamente alla performance e al controllo ignorano le dinamiche della vita che le attraversa. Guardano alle persone come a numeri, ai risultati come unici indicatori di valore, alle emozioni come variabili marginali. Ma la crisi di senso, la perdita di motivazione, l’aumento del burnout e la crescente instabilità ambientale non sono semplici incidenti di percorso: sono i sintomi di un sistema in disequilibrio e non sostenibile.
E di sostenibilità oggi non è possibile parlare se non a livello globale. Per le aziende non si tratta di adempiere alle normative come il Green Deal europeo, alla Direttiva sulla non-financial reporting (NFRD) e agli obblighi di rendicontazione delle emissioni di CO2, che impongono alle aziende di adottare pratiche più trasparenti e responsabili in materia ambientale, sociale e di governance (ESG). Si tratta bensì di sviluppare una consapevolezza autentica delle proprie connessioni con il mondo circostante, affinché sostenibilità e crescita aziendale diventino non solo compatibili, ma profondamente interdipendenti.
E se è vero che la sopravvivenza di un ecosistema dipende dall’armonia tra le sue parti, anche l’organizzazione necessita di relazioni nutrienti, di processi rigenerativi, di cura del contesto attraverso un pensiero ecologico che riconosca le interdipendenze e vada oltre l’antropocentrismo.

Il counseling ecopsicologico: leva trasformativa per le aziende
Per accompagnare le aziende verso una reale trasformazione, serve più di un semplice cambio di strumenti o metodologie: serve un cambio di paradigma, un modo nuovo di pensare la relazione tra l’essere umano, gli altri e il contesto. È in questo passaggio che il counseling ecopsicologico si rivela una leva trasformativa potente, capace di generare consapevolezza, benessere e innovazione a partire dalla persona, con ricadute profonde su team e organizzazione.
A livello individuale e di gruppo, il counseling offre uno spazio di ascolto, riflessione e crescita, in cui la persona può portare tematiche personali o professionali, esplorarle in profondità e trovare nuove prospettive di senso e azione. In azienda, a differenza di approcci focalizzati unicamente sulla performance o sulla soluzione rapida di problemi, il counseling valorizza la relazione di fiducia, la sospensione del giudizio, l’autoesplorazione consapevole, accompagnando la persona verso una maggiore padronanza di sé e un aumentato benessere.
L’ecopsicologia amplia questa cornice relazionale includendo la connessione con la natura e con l’ecosistema vivente come elemento fondante del processo trasformativo. La parola chiave è “interconnessione”: la persona è vista come parte di un sistema più ampio (naturale, sociale, aziendale) e l’esperienza in natura è alleata nell’attivare consapevolezza, riorientare le priorità, rigenerare energie.
Questo approccio si ispira profondamente al pensiero sistemico di Fritjof Capra, che ne La rete della vita (1996) evidenzia come ogni sistema vivente sia caratterizzato da interdipendenza, ciclicità e cooperazione. Allo stesso modo, Edgar Morin ci invita a superare le separazioni tra soggetto e ambiente, tra individuo e collettivo, per abitare la complessità con coscienza planetaria.
Esperienze di counseling ecopsicologico, specie se condotte in ambienti naturali, offrono così l’opportunità di sperimentare direttamente la coerenza e l’unità tra pensiero, emozione e azione, favorendo processi di rigenerazione individuale e collettiva. Come dimostrano gli studi sulla biofilia di Edward O. Wilson (1984) e sugli effetti del contatto con la natura su stress e creatività di Kaplan et al. (1995), infatti, portare le persone fuori dagli spazi abituali aiuta ad ampliare la visione, favorisce la rigenerazione cognitiva ed emotiva e stimola nuove forme di relazione (vedi, su questo stesso numero della rivista, l’intervista di Allegra Cosso a Rita White, presidente e fondatrice dell’Accademia italiana di biofilia, ndr).
Nel contesto aziendale, adottare questo paradigma significa favorire esperienze in cui le persone possano riconnettersi con se stesse e risintonizzarsi con l’ecosistema relazionale e naturale che le circonda e in cui il setting naturale non è solo uno sfondo ma una dimensione attiva che stimola la presenza, la consapevolezza e il pensiero sistemico.

L’impatto dell’ecopsicologia sull’ecosistema azienda
Il counseling ecopsicologico, grazie alla sua capacità di integrare le dimensioni interiori con l’ambiente esterno, genera un impatto che si estende ben oltre il singolo individuo o il team, coinvolgendo l’intero ecosistema aziendale. La trasformazione che nasce dal counseling ecopsicologico non riguarda solo il miglioramento individuale, ma è un vero e proprio processo di rigenerazione che coinvolge tutta l’organizzazione.
Quando si introducono esperienze di counseling ecopsicologico in azienda, queste possono agire come facilitatrici di cambiamento a vari livelli:

  • A livello individuale, la persona acquisisce maggiore consapevolezza di sé, delle proprie emozioni, dei propri comportamenti e del proprio ruolo all’interno di un sistema più ampio. La connessione con la natura stimola una riflessione più profonda su cosa significa essere parte di un tutto, favorendo la crescita di una visione sistemica che si riflette nell’approccio alla vita professionale. L’ecopsicologia stimola nelle persone un senso più forte di responsabilità, che si traduce in comportamenti più consapevoli all’interno del contesto lavorativo.
  • A livello di team, il counseling ecopsicologico agisce sul rafforzamento delle dinamiche relazionali. L’esperienza in natura, o con la natura, favorisce la connessione con gli altri, la comunicazione autentica, il confronto. In team è possibile comprendere meglio i propri confini e quelli degli altri, diventando più abili nella gestione dei conflitti, nella negoziazione e nel sostegno reciproco. Un team che si è confrontato con le proprie dinamiche interiori, in un contesto che stimola l’ascolto e il rispetto reciproco, sviluppa una maggiore coesione e capacità di collaborazione efficace.
  • A livello organizzativo, l’impatto più significativo del counseling ecopsicologico riguarda la cultura aziendale. Le aziende che integrano l’ecopsicologia nelle loro pratiche di sviluppo organizzativo creano un ambiente che sostiene la crescita individuale e si fonda su valori di sostenibilità, equità e interconnessione. L’ecosistema azienda viene percepito e vissuto come tale, e si nutre di un clima di fiducia e di benessere.

Il counseling ecopsicologico non solo aiuta la persona a crescere individualmente, ma offre un potente strumento di trasformazione culturale per l’azienda, che favorisce il passaggio da una logica di mera efficienza a una logica di sostenibilità relazionale e ambientale che implica una mente più aperta, un corpo più presente e un cuore più connesso.

Ecopsicologia applicata: una metodologia flessibile
Il counseling ecopsicologico non si limita a una pratica standardizzata: è un approccio flessibile e adattabile che può essere condotto sia in ambienti outdoor, a stretto contatto con la natura, sia in contesti indoor, all’interno degli spazi aziendali attraverso metodologie ispirate alla connessione con l’ambiente naturale.
Entrambe le modalità condividono una radice comune: il riconoscimento del legame profondo e reciproco tra esseri umani e ambiente, e la consapevolezza che la qualità delle relazioni sia alla base del benessere e della trasformazione personale e collettiva.
Nella modalità outdoor, la natura è parte attiva del processo: è co-conduttrice, stimolo e specchio. Camminare in un bosco, navigare in barca a vela, sostare lungo un fiume, sono esperienze che offrono spazi di riflessione amplificati, dove la percezione del tempo rallenta e l’attenzione si sposta dal fare all’essere. In questo contesto, le persone possono esplorare nuovi punti di vista, riscoprendo risorse interiori e capacità relazionali in modo spontaneo e profondo. L’immersione sensoriale nella natura favorisce un abbassamento delle barriere difensive e permette di affrontare tematiche complesse con maggiore apertura.
Per le aziende, le attività outdoor si prestano particolarmente a percorsi di team building trasformativi, sviluppo della leadership autentica e processi di allineamento valoriale, in cui la natura diventa metafora viva dell’ecosistema organizzativo. È in questi contesti che emergono con forza le dinamiche di interdipendenza, i ruoli, così come le potenzialità inespresse.
La modalità indoor si sviluppa attraverso sessioni individuali o di gruppo che si svolgono in spazi protetti, in cui vengono integrate pratiche ecopsicologiche anche senza la presenza diretta della natura. Qui, l’obiettivo è portare l’ecosistema dentro, attivando connessioni interiori che richiamano l’esperienza naturale. Si possono utilizzare mappe, visualizzazioni, tecniche di mindfulness, riflessioni guidate che stimolano la consapevolezza ecologica e il senso di appartenenza a qualcosa di più grande.
Questo approccio è particolarmente utile quando l’organizzazione necessita di interventi mirati e continuativi, come supporto al cambiamento, alla gestione di conflitti o allo sviluppo di competenze relazionali. L’ambiente indoor permette di lavorare in profondità su tematiche individuali (gestione dello stress, motivazione, autorealizzazione) o di gruppo (comunicazione efficace, collaborazione, fiducia), mantenendo un riferimento costante alla dimensione sistemica e al concetto di interconnessione.
La scelta tra indoor e outdoor non è mai rigida: spesso i due approcci si complementano. Un percorso può iniziare in indoor per poi approdare in outdoor, oppure viceversa. La differenza principale risiede nell’intensità dell’esperienza e nel grado di coinvolgimento sensoriale. In natura, il corpo si riattiva, l’immaginazione si espande, la mente si alleggerisce, aprendo a processi trasformativi accelerati. In indoor, si lavora più sul simbolico e sul narrativo, facilitando l’elaborazione di esperienze e insight, spesso in modo più accessibile e continuativo.
Entrambe le modalità condividono la centralità della persona e la sua unicità all’interno del sistema organizzativo: si lavora per armonizzare le dimensioni del sé, del team e dell’intera organizzazione, riconoscendo che la persona è una sola, e porta se stessa in ogni ambiente, interconnettendo la sfera professionale e quella personale.

L’esperienza in barca a vela: un laboratorio di ecopsicologia applicata
Negli anni ho fatto sinergia tra la mia passione per la barca a vela e la mia professione di facilitatrice esperienziale e counselor. Ogni volta che salgo a bordo di una barca a vela so che emerge la complessità delle relazioni, delle decisioni da prendere insieme, degli imprevisti da gestire, degli equilibri da costruire. So soprattutto che emerge la persona nella sua interezza, al di là del ruolo che riveste in azienda.
In mare non si può fingere, non si può delegare oltre misura, non si può controllare tutto. Ogni membro dell’equipaggio è responsabile e interdipendente. Le scelte individuali impattano sull’intero sistema barca, e la qualità della comunicazione, della fiducia e della presenza diventa essenziale per la sicurezza della navigazione e per il benessere dell’equipaggio. È qui che si manifesta, con forza, il pensiero ecopsicologico: l’individuo è parte di un sistema più grande, e solo riconoscendo e rispettando questa connessione può esprimere al meglio se stesso e contribuire al bene comune.
E la trasformazione avviene proprio lì, tra una manovra e un silenzio, tra una decisione presa insieme e uno sguardo rivolto all’orizzonte. Si comprende che l’azienda è un ecosistema e che ogni gesto individuale ha risonanze collettive. Si scopre che il benessere del singolo è legato al benessere del gruppo e dell’ambiente, e che solo coltivando questa consapevolezza si può navigare davvero nella complessità di oggi.
È da qui che nasce il senso profondo del mio lavoro: accompagnare le persone e le organizzazioni in esperienze che risvegliano la consapevolezza e generano trasformazione autentica. Perché solo riconnettendoci con la natura, esterna e interna, possiamo davvero cambiare rotta, come individui e come collettività.


Bibliografia

  • Danon M. (2006; 2020), Ecopsicologia. Come sviluppare una nuova consapevolezza ecologica, Apogeo, Milano; Aboca, Sansepolcro (AR)
  • Barbiero G. e Berto R. (2016), Introduzione alla biofilia. La relazione con la Natura tra genetica e psicologia, Carocci Editore, Roma
  • Capra F. (2001), La rete della vita. Perché l’altruismo è alla base dell’evoluzione, Rizzoli, Milano
  • Morin E. (2011), La sfida della complessità, Le Lettere, Firenze
  • Berdini S. (2014), Il clima aziendale. Come rendere il posto di lavoro un ambiente piacevole per lavorare e ottimizzare le prestazioni, Bruno Editore, Roma
  • Borgogni L. e Petitta L. (2003), Lo sviluppo delle persone nelle organizzazioni. Goal setting, coaching, counseling, Carocci Editore, Roma
  • Nanetti F. (2009), Counseling ad orientamento umanistico-esistenziale, Pendragon, Bologna
  • Spaltro E. e De Vito Piscicelli P. (1990), Psicologia per le organizzazioni. Teoria e pratica del comportamento organizzativo, Carocci Editore, Roma
Ilaria Massocco

Sociologa, facilitatrice esperienziale per lo sviluppo delle competenze comportamentali e counselor a orientamento umanistico-integrato.
Con oltre 15 anni di esperienza nella formazione aziendale, dal 2020 è libera professionista e crea esperienze formative e di benessere privilegiando metodologie esperienziali outdoor.
Nel 2021 consegue la certificazione in ecopsicologia applicata con l'International Ecopsychology Society. Nel 2024 ottiene un master in Complexity Management presso il Complexity Institute, associazione che promuove il pensiero complesso e l’etica nei comportamenti.

linguaggio disobbediente

Come tutte le norme, anche quelle linguistiche sono un artefatto politico, sociale, culturale. Quella del maschile sovraesteso è una regola linguistica che di recente l’Accademia della Crusca ha definito come non discriminante. Di fronte alle norme ci sono sempre due possibilità: obbedire o disobbedire. Questo articolo vuole essere un atto intenzionale di disobbedienza grammaticale che intende ribadire – proprio con le parole – la forza dirompente del linguaggio. Come tutte le dis-obbedienze, è dis-turbante e dis-ordinante, anche percettivamente per chi legge; eppure: considerate che ogni qualvolta la piccola "ə" genera un senso di fastidio, la forma di straniamento è analoga a quella vissuta da chi appartiene a una minoranza a cui una maggioranza – sociale, politica, linguistica e sessuale – impone, nel nome della regola, dell’estetica o della leggibilità, l’adeguamento come normale. E come l’obbedienza a un ordine continui ad essere una virtù.


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Jhumpa Lahiri

Jhumpa Lahiri è una scrittrice di fama mondiale, nota per le sue opere sull'esperienza degli immigrati, in particolare degli indiani orientali. Ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa con la sua prima raccolta di racconti, 'Interpreter of Maladies'. Nel suo libro bilingue 'In Other Words', originariamente scritto in italiano, Lahiri esplora il travagliato processo che ha affrontato per esprimersi in una nuova lingua.


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code-switching

Il code-switching, o commutazione di codice, è il passare fluidamente da una lingua a un’altra all’interno del discorso di uno stesso parlante. Può riflettere la volontà di esprimere un'identità culturale, di adattarsi a un gruppo sociale specifico, o semplicemente di utilizzare la lingua percepita più adatta per esprimere un particolare concetto o emozione.


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Counseling scolastico in Corea del Sud

Fonte: Sang Min Lee – Eunjoo Yang, “Counseling in South Korea”, in Counseling Around the World, a cura di Thomas Hohenshil, Norman Amundson, Spencer Niles, American Counseling Association, Alexandria VA (USA), 2013.


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L’esperienza del counseling in Turchia

Fonte: Fidan Korkut Owen and Oya Yerin Güneri, “Counseling in Turkey”, in Counseling Around the World, a cura di Thomas Hohenshil, Norman Amundson, Spencer Niles, American Counseling Association, Alexandria VA (USA), 2013.


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Pietra di inciampo


Stolpersteinen, in tedesco, pietre d’inciampo; ideate negli Anni 90 dall'artista tedesco Gunter Demnig per innestare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee, una memoria diffusa dei cittadini deportati nei campi di sterminio.

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Comitato scientifico di AssoCounseling


Svolge varie funzioni di supporto e stimolo all’attività di ricerca, studio ed elaborazione dell’identità professionale.

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Il team


Nella quarta edizione appena conclusa Laura Torretta ha ricoperto il ruolo di referente nel direttivo e di project manager, affiancata dalla process owner Aidp Lombardia Daniela Tronconi. È in partenza la quinta edizione, con un passaggio di consegne al nuovo direttivo, in cui la nuova referente dell’iniziativa sarà Rossella Cardinale e la nuova project manager Elisabetta Maiocchi.

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Ringraziamento ai supervisori


Si ringraziano in particolare Pierpaolo Dutto, Manuela Giago, Silvia Ronzani, referenti per le tre scuole.

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Questionario di fine percorso


Per chi volesse avere evidenza del questionario somministrato a fine percorso ecco le domande proposte:

  • Avevi già effettuato un percorso di counseling?
  • Relativamente all’esperienza di counseling quale è il livello di gradimento complessivo?
  • Ti sei sentito/a accolto/a, ascoltato/a e compreso/a dal counselor? Sì? Come? No? Come?
  • Quali tema e bisogno sono stati al centro del tuo percorso?
  • Se dovessi dare un valore al tuo benessere all’inizio: da 1 a 10?
  • Descrivi, con una o più parole, l'emozione che provavi all'inizio del primo incontro.
  • Quali pensieri ricorrenti, schemi limitanti, credenze e convinzioni sono emerse e hai trasformato?
  • Quali nuove consapevolezze hai sviluppato?
  • Quali risorse hai organizzato e mobilitato al servizio della tua crescita?
  • Descrivi, con una o più parole, l'emozione che provi ora, al termine del tuo percorso.
  • Quali azioni nuove scegli ora più coerenti con il tuo obiettivo?
  • Regista e protagonista di una nuova narrazione: descrivi la tua esperienza di cambiamento e maggiore benessere
  • Se dovessi dare un valore al tuo benessere alla fine del percorso: da 1 a 10?
  • Raccomanderesti questa esperienza ad altri? Sì? Per quale motivo? No? Per quale motivo?

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Definizione di sessualità


"La sessualità è un concetto esteso […]. È una parte naturale dello sviluppo umano in ogni fase della vita e include componenti fisiche, psicologiche e sociali […]. La sessualità è un aspetto centrale dell’essere umano lungo tutto l’arco della vita e comprende il sesso, l’identità e i ruoli di genere, l’orientamento sessuale, l’erotismo, il piacere, l’intimità e la riproduzione. La sessualità viene sperimentata ed espressa in pensieri, fantasie, desideri, convinzioni, atteggiamenti, valori, comportamenti, pratiche, ruoli e relazioni. Sebbene la sessualità possa includere tutte queste dimensioni, non tutte sono sempre esperite ed espresse. La sessualità è interessata dall’interazione di fattori biologici, psicologici, sociali, economici, politici, etici, giuridici, storici, religiosi e spirituali.”

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Diritto alla sessualità


"Tutti gli esseri umani hanno la facoltà di vivere la propria sessualità in maniera appagante, libera da coercizioni, discriminazioni o violenza. I diritti sessuali si basano sui principi fondamentali dei diritti umani internazionalmente definiti, sono parte integrante delle convenzioni dell’ONU che hanno carattere vincolante.”

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Origine della sessuologia scientifica


Lo studio della sessuologia scientifica è un ambito di ricerca recentissimo che risale alla metà del 1900. Fa capo gli studi rivoluzionari di Masters e Jonson, i primi ad interessarsi scientificamente la sessualità cercando di superare la teoria e la clinica freudiana che intendeva i disturbi sessuali espressione di uno sviluppo psicosessuale problematico.

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dall'articolo 10


Il diritto all’istruzione e il diritto ad una educazione sessuale approfondita ed esauriente: “Ogni individuo ha il diritto all’istruzione ed il diritto ad una educazione sessuale completa. L’educazione sessuale deve essere appropriata all’età, scientificamente accurata, culturalmente adeguata e basata sui diritti umani, sull’uguaglianza di genere e su un approccio positivo alla sessualità.”

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riferimento bibliografico esteso


Tutu, D. (2004), God has a dream. A vision of hope for our time, Doubleday, NY.

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riferimento bibliografico esteso


Mokgoro, Y. (1998), Ubuntu and the law in South Africa. Buffalo Human Rights Law Review, 15, 1–6.

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