
“La natura non è un luogo, ma un organismo vivente, e noi come specie ne facciamo parte.
Sembra una piccola cosa da comprendere, ma è fondamentale per ripensarci nel qui e ora. […]
La natura è un insieme di vite interconnesse, non uno slogan per rilanciare l’economia in crisi.
Di fatto, in base a come abitiamo e abiteremo l’ambiente, e a come sapremo narrare e costruire
nuovi modi di abitare, potremo riuscire a cambiare il mondo”.
Andrea Staid (2022), Essere Natura, UTET Milano
Noi siamo Natura. Eppure.
L’Antropocene è arrivato forse al culmine della sua espressione nel 2020, nel momento in cui la pandemia raggelava i movimenti della nostra specie in tutto il pianeta. La massa antropogenica, ovvero tutte le cose create da noi umani, è stata misurata e pesata da uno studio pubblicato in quell’anno (Elhacham, E. et al., 2020) e il risultato è impressionante: il peso delle “cose umane” ha superato quello della biomassa, ovvero la massa complessiva degli esseri viventi sulla terra. Noi Sapiens, che contribuiamo solo per lo 0,01% alla biomassa globale e pesiamo meno dei batteri, abbiamo riempito il mondo di 1,2 teratonnellate di cose. Questa è l’impronta schiacciante dell’Antropocene.
Con queste, agghiaccianti, informazioni Telmo Pievani inizia il suo saggio La Natura è più grande di noi (Pievani, 2022).
Naturalmente tutto questo non è avvenuto in modo indolore: la devastazione della biodiversità che ha comportato questo processo è strettamente connessa al riscaldamento globale, alla conseguente insicurezza climatica e a tutto ciò che ne discende: instabilità, migranti ambientali, conflitti… Viviamo tempi difficili. Questo numero di Evoluzioni indaga questi temi e come lo sguardo del counseling possa promuovere nuovi modelli esistenziali che aiutino a gestirne le conseguenze e a limitare forse un pochino i danni. Facendoci ispirare, il più delle volte, dalla Natura stessa.
Che l’intelligenza della Natura possa insegnarci, letteralmente, a vivere è convinzione di molte e molti studiosi che hanno approfondito l’osservazione delle intelligenze “altre” da quella umana. Come quella degli stormi degli uccelli o dei banchi di pesci in grado di muoversi con grande rapidità come fossero un unico organismo (Miller, 2007), o quella del Wood Wide Web, la rete fungina di connessioni nascoste nel terreno di un bosco che garantisce le comunicazioni (Simard, 2023), lo scambio di nutrimento e il mutuo supporto degli alberi che lo abitano. Da questo tipo di osservazioni nasce una disciplina come la Biomimesi, o Biomimicry, in inglese, una disciplina emergente che ricerca e studia le idee migliori della Natura, dei sistemi viventi, in termini di forme, processi e sistemi e le imita con l’obbiettivo di risolvere le sfide della nostra civiltà per un vivere più sostenibile (Benyus, 2011). L’idea centrale è che la Natura, creativa e innovativa per necessità, abbia già risolto molti dei problemi con cui siamo alle prese oggi. Animali, piante e microbi sono ingegneri provetti. Hanno già sperimentato e selezionato ciò che funziona, ciò che è appropriato, e, cosa più importante, ciò che dura qui sul nostro pianeta. Dopo 3.8 miliardi di anni di ricerca e sviluppo, ciò che non ha funzionato è fossile, mentre ciò che ci circonda cela le migliori strategie di adattamento e sopravvivenza.
E di nuove strategie abbiamo disperatamente bisogno. Perché quella climatica, ci ha spiegato Anna Castiglione, ricercatrice al Dipartimento di Psicologia dell’Università di Trento, si intreccia un po’ con tutte le crisi di questo periodo storico. E se scaviamo per andare alla radice di questa congiuntura da lei e da altri definita “intersezionale” troviamo uno sguardo, una postura esistenziale, che ha caratterizzato la nostra specie (almeno in Occidente) negli ultimi secoli: l’antropocentrismo, appunto. L’uomo (per lo più europeo, maschio, di pelle chiara, eterosessuale ecc. ecc.) si è arrogato il compito di considerare la natura una proprietà al servizio della propria crescita, del proprio sviluppo infinito. Da qui le pratiche di economia estrattiva che ancora vengono insegnate come “naturali” dagli economisti neoliberisti anche se è sempre più evidente che sono disfuzionali al processo evolutivo virtuoso della nostra specie (e, in ultimo alla sopravvivenza del pianeta che la ospita). E tutto deriva da uno sguardo: se la natura è vista come qualcosa di separato da noi animali umani, diventa una merce o qualcosa da dominare oppure oggetto di trasformazione tecnologica. È questo il modo di vedere che ci ha portati dritto nell’Antropocene, come spiega bene l’antropologo Andrea Staid (2022).
Per entrare nel tema di questo numero vi consiglio quindi di partire dall’intervista a Castiglione, la trovate in Approfondimenti. La ricercatrice ha una laurea in neuroscienze cognitive, un master in psicologia sperimentale presso l’Università della California, e uno in fisica atmosferica all’Università di Trento, dove studia l’ansia climatica e i modi per contenerla. Tra le altre cose ci ha parlato della solastalgia, la nostalgia verso i luoghi a noi cari per come erano un tempo, rispetto a come si sono trasformati oggi a causa del cambiamento climatico. Auspica che i counselor possano avere una preparazione specifica per gestire questo tipo di disagio e altre manifestazioni dell’ansia climatica (e sono tante) che non richiedono un intervento clinico.
Del resto, i dati della ricerca australiana del 2024 che trovate in Counseling nel mondo sono chiari: partendo da un sondaggio su un campione di popolazione, esplora il rapporto esistente tra il grado di connessione – scarso, moderato o alto – con la natura e la percezione dei problemi ambientali. Il counseling davvero propone uno sguardo diverso su questi temi, e ripristinare il nostro contatto con la natura ha esiti benefici sul nostro equilibrio psicofisico. Ne è convinta da anni Marcella Danon che ha teorizzato e insegna l’EcoCounseling, nato dall’incontro tra Counseling umanistico-esistenziale ed Ecopsicologia, e comporta il coinvolgimento della Natura, che diventa una sorta di co-counselor, in setting sia outdoor che indoor. Nel suo articolo troverete i dettagli del suo approccio.
Le fa eco Rosalba Colangelo, counselor a indirizzo energetico spirituale a mediazione corporea, specializzata in Ecotuning. L’abbiamo intervistata in Vita da counselor: la natura, spiega, ci offre una modalità delicata per farsi conoscere, aiutandoci a entrare meglio in relazione con noi stessi.
Infine la Biofilia, cui ci introduce l’intervista a Rita White, psicologa ambientale e docente universitaria, è l’innata affinità che l’essere umano ha con la natura, una necessità biologica e psicologica che incide profondamente sulla qualità della vita e che è geneticamente presente in tutti noi. Si tratta di un principio chiave per superare la visione antropocentrica e riconnetterci con l’ambiente naturale.
La sezione Oltre il Giardino come sempre ci accompagna ad approfondire il tema del numero. Questa volta lo fa con il pensiero di Stefano Mancuso sull’intelligenza della vita e delle piante, da cui dovremmo prendere esempio, e con approcci come Olonomia e Servant leadership, che offrono nuove chiavi interpretative per rileggere le organizzazioni come sistemi viventi. Un’idea simile ci viene presentata nell’articolo di Ilaria Massocco, che definisce l’organizzazione come un ecosistema naturale in cui tutto è connesso: le persone, i team, i ruoli, i processi, le emozioni, i valori, le energie… non ci sono confini netti tra ciò che è individuale e ciò che è collettivo e in questo sistema interdipendente: le dimensioni personali, relazionali e organizzative si muovono in un flusso continuo di influenze reciproche. Interdipendenza è anche una de Le parole del counseling, insieme a resilienza, biodiversità ed ecologia. Come sempre abbiamo esplorato il significato di questi concetti alla luce dello sguardo che ci offre la nostra professione.
Non mancano anche in questo numero testi che ci parlano di integrazione tra approcci ed ecosistemi diversi, come quello di Michela Roccatello che ci parla del counseling di gruppo utilizzato per migliorare le dinamiche relazionali in un’équipe multidisciplinare in una comunità psichiatrica residenziale: psicologi, psicoterapeuti e psichiatri si sono messi in gioco in un percorso che ha unito teoria ed esperienza pratica. Silvia Macelloni, medico veterinario e counselor, ci accompagna invece a esaminare da vicino le relazioni che instauriamo con gli animali da compagnia, mentre Nadia Panigada ci parla del progetto әmpowerment: un percorso integrato di sport, coaching e counseling, che riconosce l’importanza di integrare corpo, mente ed emozioni per favorire l’autonomia, la resilienza e l’autostima della persona LGBTQ+.
In Dialoghi, l’intervista a Saverio Mecca, architetto e professore emerito di Produzione e gestione dell’ambiente costruito dell’Università degli Studi di Firenze e assessore alla transizione ecologica del Comune di Scandicci, ci porta a contatto con il concetto di prossimità, intesa come accessibilità fisica e sociale a risorse, persone e servizi che permetta una maggiore capacità di creare reti di supporto sociale, la chiave per il benessere individuale e collettivo. In questo senso immaginare un counseling orientato alla prossimità e alla sostenibilità può promuovere una maggiore connessione tra le persone e i luoghi, rafforzando la consapevolezza dell’importanza della biodiversità, della qualità ambientale e della costruzione di legami sociali solidi per una città più vivibile e armoniosa.
Per farlo è necessario attivare una forma mentale diversa, però. Come quella promossa da Intelligens. Natural. Artificial. Collective, la Biennale Architettura 2025 curata da Carlo Ratti, che espone le esperienze e i progetti che superano la strategia della mitigazione, volta a ridurre il nostro impatto sul clima, e si rivolgono a quella dell’adattamento, per ripensare completamente il modo di stare e operare in vista di un mondo profondamente mutato. Su questo stesso tema, segnaliamo Da clima a fondo, un podcast oggetto di un’altra delle Ispirazioni di questo numero.
Per attuare un tale cambio di direzione, è necessario fare ricorso alle varie intelligenze menzionate nel titolo scelto da Ratti: quella naturale, quella artificiale e, soprattutto, quella collettiva. Ed è per questo che nella nostra nuova sezione di videointerviste, Viva Voce, troverete un intervento di Alessandra Benedetta Caporale, presidente di AssoCounseling sul tema di questo numero. Tra le altre cose, ci ricorda che la biosinergia, più che la biodominanza, sappiamo essere la strada per uscire alla crisi.
L‘emulazione consapevole del genio della Natura, come si anticipa all’inizio di questo articolo, può quindi essere la strategia vincente per il nuovo passaggio evolutivo del genere umano, un possibile percorso per un futuro sostenibile in armonia con gli ecosistemi che ci circondano, ecosistemi dei quali siamo parte integrante e dai quali dipende la nostra sopravvivenza. Ma, per farlo, è necessario tornare ad appartenere, tornare a Essere Natura:
«[…] serve un approccio multi-specie alla drammatica crisi ambientale in corso. Non per antropomorfizzare piante e animali attribuendo loro improprie categorie umane, ma per decentrare il nostro punto di osservazione, e vederci come nodo minoritario di una “unica grande rete”, come scriveva Charles Darwin, cugini di ogni altra creatura sulla Terra, esperimento di vita e di intelligenza in mezzo ad altri. L’adiacente possibile della biodiversità ci insegna che non siamo indispensabili, che avremmo potuto benissimo non comparire sotto i cieli dell’evoluzione e che esistono innumerevoli modi di stare al mondo» (Pievani T., Lucy sui mondi, aprile 2025).
Anche su questo lo sguardo del counseling pensiamo possa dare un contributo.
Bibliografia
- Benyus J. (2011), Biomimicry: Innovation Inspired by Nature, Harper Collins, New York
- Miller P. (2007), Swarm Theory, “National Geographic Magazine”, luglio
- Pievani T. (2022), La natura è più grande di noi, RCS Media Group, Milano
- Pievani T. (2025), Il possibile adiacente, “Lucy sui mondi”, editoriale n. 1, 22 aprile
- Simard S. (2023), L’albero madre. Alla scoperta del respiro e dell’intelligenza della foresta, Mondadori, Milano
- Staid A. (2022), Essere Natura, UTET, Milano
Photo credit: La copertina è tratta da una fotografia che fa parte della collection Abbracciami di Carlo Ferrara (in basso il formato originale).
Con questo lavoro di ricerca, l’autore ha voluto esplorare il profondo legame che unisce l’uomo alla natura, concentrandosi in particolare sull’incanto e sul significato simbolico degli alberi, capaci di destare meraviglia e di accendere sogni e riflessioni. Presenti in molte culture come emblema della vita e del ciclo naturale, gli alberi incarnano una perfetta sintesi tra radicamento alla terra e tensione verso il cielo. Nel loro costante rinnovarsi attraverso le stagioni, nel loro silenzioso ritmo di crescita lento e paziente, trasmettono un messaggio universale e si rivelano all’uomo in bellezza, mistero e saggezza.
Carlo Ferrara è un autore emergente nel panorama italiano che da diversi anni sviluppa e consolida una cifra stilistica particolarmente singolare e fortemente riconoscibile: noto come portatore di una poetica profondamente surrealista, Ferrara si concentra più in generale sulla realizzazione di percorsi creativi anche in ambito concettuale e simbolico, dedicandosi con passione autentica ad attività volte alla sperimentazione, alla riscoperta della fotografia analogica e della camera oscura e alla realizzazione di un portfolio di ampio respiro, rispondendo di volta in volta alla sua originale urgenza creativa attraverso la ricerca sistematica di mezzi espressivi alternativi.
Carlo Ferrara è rappresentato artisticamente dall’agenzia fotografica GT Art Photo Agency di Milano, che ringraziamo per aver concesso l’utilizzo dell’immagine.